Covid 19 e autoimmunità

Buonasera, è un piacere oggi essere qui per questo corso ECM dedicato al Covid-19 e per quanto mi riguarda alla autoimmunità, argomento di cui mi occupo da tantissimo tempo essendo un immunologo e un professore associato di reumatologia presso La Sapienza Università di Roma. Ho deciso di suddividere questa presentazione in quattro parti, la prima sulle generalità e quindi sulla conseguenza delle infezioni virali e delle malattie immuno-mediate ad esse correlate, la seconda sulle manifestazioni autoimmunitarie in corso di malattia Covid-19, la terza sulle infezioni da questo nuovo coronavirus nei pazienti che hanno già una malattia autoimmunitaria reumatica e infine l'ultima parte sulle terapie che noi utilizziamo come reumatologi nella nostra pratica clinica e che sono state adottate anche per il trattamento in particolar modo delle complicanze di questa infezione.

Come sappiamo la malattia Covid-19 è dovuta a un nuovo coronavirus che presenta tantissime analogie genomiche con dei virus tristemente noti in passato, soprattutto nella regione mediorientale e asiatica, e che causano delle manifestazioni respiratorie anche molto importanti. I primi casi di polmonite ad eziologia ignota furono descritti a Wuhan nel dicembre del 2019 e correlati poi a questo tipo di infezione. Il 21 febbraio abbiamo avuto poi la prima diagnosi in Italia e subito dopo, a marzo 2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia. Questo è un virus che si trasmette molto facilmente tramite le goccioline e tramite contatto diretto o meno frequentemente indiretto. È un virus dotato di un envelope, quindi con proteine strutturali e non strutturali, la più nota forse è la proteina Spike che permette l'aggancio al recettore Ace2 sulle superfici esterne delle cellule che comporta l'ingresso del virus nelle cellule.  Principalmente avviene nelle cellule del tratto respiratorio, le cellule alveolari di secondo tipo, ma anche cellule cardiache, renali, endoteliali e nelle cellule dell'epitelio intestinale, questo testimonia poi la sistematicità delle infezioni.

Dal punto di vista eziologico l'infezione virale è caratterizzata da un periodo di incubazione abbastanza breve, dai 3 ai 7 giorni, con la comparsa possibile di una sintomatologia respiratoria e costituzionale quindi tosse, dispnea, affaticabilità, dolori articolari, muscolari, diarrea alle volte e in alcuni casi è completamente asintomatica. In altri casi, come vedremo, per tutta una serie di motivazioni può complicarsi anche di molto con la comparsa di manifestazioni di una sindrome da iper infiammazione sistemica con grave deficit di stress respiratorio, shock settico, acidosi metabolica, danno cardiaco, coagulazione intravascolare disseminata con manifestazioni trombotiche diffuse e la temibile multi-organ failure. Queste sono complicanze che inizialmente portavano a una letalità molto più alta rispetto a quella che oggi sappiamo essere, perché forse per l'avvento dei tamponi e la diffusione dei tamponi stessi chiaramente sono emersi molti casi asintomatici e la letalità per fortuna si è ridotta.

Sappiamo certamente che le persone più a rischio sono tutte quelle persone al di sopra di una certa età, al di sopra dei 65 anni, con altre patologie, altre comorbidità, quindi diabete, ipertensione, malattie cardiache e quant'altro. Dal punto di vista immunologico, entrando nello specifico di questa relazione, la fase viremica è caratterizzata nella parte iniziale dell'infezione da un aumento della viremia nel sangue, che correla parallelamente con una riduzione del numero dei linfociti che può essere molto severa nelle forme più complicate, questa riduzione dei linfociti circolanti , in particolar modo è a carico dei linfociti B e dei linfociti T, CD4 e CD8 positivi,  che come vedremo sono molto importanti per il controllo delle infezioni. Abbiamo anche riscontrato delle alterazioni dei linfociti Treg che, viceversa controbilanciano questo stato iper infiammatorio. La linfopenia può essere dovuta a tante cause, è stato ipotizzato un aumento della morte dei linfociti per apoptosi, che è un meccanismo di morte cellulare programmato, è stata ipotizzata anche una ridistribuzione dei linfociti dal torrente circolatorio negli i organi più gravemente danneggiati come i polmoni. Lo scenario patogenetico classico di questa, come adesso anche di altre infezioni virali, è quello che vede l’azione del sistema immunitario innato nel cercare di bloccare l'infezione. Questo si verifica perché quando le cellule vengono infettate dal virus  vengono fagocitate dalle cellule presentanti l’antigene, che sono cellule specializzate delle immunità chiamate APC, che presentano insieme al complesso maggiore di istocompatibilità i diversi antigeni microbici, in questo caso virali, alle cellule immunocomponenti , ai linfociti T che riconoscono il legame tramite il proprio recettore di superficie e comporta  da una parte la produzione di un grande quantitativo di citochine e chemochine infiammatorie , dall’altro l'attivazione dei linfociti B che si differenziano in plasmacellule e producono gli auto anticorpi per cercare di contenere l'infezione. Ora se questo meccanismo immunitario viene ad essere esagerato si ha una reazione infiammatoria immunologica, che può portare a gravi conseguenze, come vedremo nelle complicazioni di queste infezioni virali.

È uno scenario patogenetico che noi reumatologi e immunologi conosciamo molto bene, perché caratterizza alcune delle più note malattie reumatiche autoimmunitarie o autoinfiammatorie Questo è il motivo per cui fin da subito, come è evidente dalla diapositiva e dalle descrizioni in letteratura scientifica, ci sono state numerosissime segnalazioni in merito al ruolo del reumatologo nella gestione dei pazienti con questa malattia. In primo luogo perché alcuni pazienti presentavano manifestazioni autoinfiammatorie o autoimmunitarie che, appunto Il reumatologo e l'immunologo conosce bene, in secondo luogo perché i farmaci notoriamente utilizzati dai questi specialisti per il controllo delle malattie reumatiche erano d'altro canto utilizzati anche per il controllo delle complicanze dell'infezione.

Lo scenario patogenetico delle malattie autoimmunitarie un po' ci fa capire il motivo di questa stretta correlazioni, come vedete nella diapositiva, noi parliamo di eziopatogenesi, delle malattie autoimmunitarie facendo riferimento al cosiddetto mosaico dell’autoimmunità, per mosaico intendiamo la presenza di diversi fattori che, tutti contribuiscono al determinismo della malattia. Quindi ci sono fattori genetici ed epigenetici correlati al complesso maggiore di istocompatibilità o, non correlati a complesso maggiore di istocompatibilità, ci sono fattori immunologici propriamente detti, alterazioni del complemento, dei livelli delle immunoglobuline, alterazioni dei meccanismi che regolano la morte o la sopravvivenza dei linfociti e questo è molto importante per l'insorgenza delle malattie autoimmunitarie e autoinfiammatorie. Poi ci sono tanti altri fattori, quelli endocrinologici, sono noti, perché le malattie autoimmunitarie in genere colpiscono prevalentemente il sesso femminile rispetto a quello maschile, questo perché gli estrogeni hanno un feedback positivo sulle reazioni immunologiche al contrario degli androgeni che invece hanno un feedback negativo.   

Questo testo è estratto dalla video lezione del dott. Cristiano Alessandri, dal corso FAD ECM "Covid 19: aspettando il Day After"

Cristiano ALESSANDRI
Professore Associato di Reumatologia
Sapienza Università di Roma
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