Trattamento e problematiche associate: farmacoresistenza, tossicità, interazioni farmacologiche, aderenza del paziente

La tubercolosi è una malattia curabile, l'obiettivo sulla tubercolosi è duplice. Il primo ed il più importante è sul piano della salute pubblica, ed è quello di interrompere la trasmissione rendendo il paziente non infettante, naturalmente c'è poi un obiettivo a livello individuale che è quello di limitare la morbosità nell'individuo malato, e prevenire la mortalità che in epoca preantibiotica era di circa il 50%. Vi sono alcuni assiomi alla base delle strategie terapeutiche che oggi noi consideriamo ottimali. Il primo di questi assiomi e che non è possibile trattare una malattia tubercolare con un solo farmaco antitubercolare, infatti la monoterapia porterebbe invariabilmente alla selezione dei ceppi resistenti.

Questa è stata un'osservazione pratica negli anni del secondo dopoguerra in cui sono stati introdotti i primi farmaci antitubercolari, in particolare la streptomicina, la monoterapia con streptomicina era seguita rapidamente, invariabilmente, dopo un'iniziale buona risposta clinica, dal fallimento della terapia stessa, un qualcosa che poi negli anni 80 abbiamo rivissuto con l'epidemia da HIV e con i tentativi di trattamento del virus dell'immunodeficienza umana con la zidovudina. Questo concetto è imputabile al fatto che esistono in natura delle mutazioni genetiche che conferiscono resistenza ai farmaci antitubercolari maggiori, a tutti i farmaci antitubercolari maggiori, e che la frequenza di queste resistenze è tale che in un soggetto malato è sempre presente una sottopopolazione di ceppi resistenti che se sottoposti ad una pressione medicamentosa inappropriata porterà alla selezione del ceppo stesso. 

Quindi l'assioma sarebbe che serve l'uso di almeno due farmaci antitubercolari ed in combinazione per una terapia efficace, ma questo è valido soltanto per ceppi che non abbiano già acquisito qualche resistenza prima dell'inizio del trattamento, e nel mondo attuale in cui queste resistenze definite primarie sono invece frequenti, ecco che la combinazione di due farmaci non è sufficiente, la combinazione di tre farmaci non è sufficiente, ed è considerata ottimale la combinazione contemporanea di quattro farmaci antitubercolari. Il secondo assioma è che nell'ambito del trattamento delle malattie batteriche, la tubercolosi ha un periodo di trattamento estremamente lungo che si misura in termini di mesi, non in termini di settimane, e questo dipende dalla necessità di dover essere efficaci su due tipi di popolazioni micobatteriche che convivono nella persona malata, una a rapido metabolismo e che è il responsabile delle manifestazioni cliniche in atto, un'altra a lento metabolismo che sarebbe responsabile di una ripresa della malattia dopo il termine del trattamento se questo trattamento fosse stato inappropriato per durata.

L'evoluzione della terapia antitubercolare ci ha insegnato molto da questo punto di vista, i regimi iniziali, negli anni 60, duravano da 12 a 24 mesi, la disponibilità di farmaci più potenti come la rifampicina all'inizio degli anni settanta, ha permesso di ridurre la durata della terapia al di sotto di 12 mesi, in particolare a 9 mesi, ed è stato soltanto negli anni 80 con la riscoperta dell'attività sterilizzante precoce della pirazinamide che l'aggiunta di essa alla isoniazide e alla rifampicina nel regime iniziale, ha portato ai regimi attuali la cui durata è di 4 mesi. Sono in corso dei trial che cercano identificare se questa durata di 6 mesi possa essere ulteriormente ridotta a 4 mesi, ma i risultati di questi trial saranno disponibili i futuro, in questo momento la durata minima del trattamento prevista per la tubercolosi è di 6 mesi. 

Il terzo assioma è che il trattamento si divide in due fasi: una fase iniziale, il cui scopo fondamentale è quello di uccidere il maggior numero possibile di micobatteri (un'azione battericida) e c'è una fase poi di mantenimento che è invece quella di eliminare, di sterilizzare, i micobatteri a lenta replicazione. La terapia antitubercolare per quanto sia biologicamente non dimostrabile, è considerata sterilizzante, al termine del trattamento stesso, non sono più presenti dei micobatteri vivi all'interno dell'ospite che possano, se la terapia è stata efficace, far ripartire la medesima infezione in un futuro prossimo o in un futuro lontano.

Lo scopo della fase iniziale del trattamento è quello di risolvere fondamentalmente i sintomi e di impedire la morte del paziente per la rapida progressione della patologia, quella della fase di mantenimento è di eliminare la probabilità di recidive dopo il termine del trattamento stesso. Il quarto assioma della terapia antitubercolare, che riprende un pochino il concetto della monoterapia, quello del primo assioma, è che un regime che fallisce non può essere riaggiustato variando il regime stesso con un farmaco o con due farmaci, ma è indispensabile il cambiamento totale di tutto lo strumentario terapeutico, quindi per fare un esempio:l'aggiunta di un solo farmaco ad un regime antitubercolare con 4 farmaci per aumentare l'efficacia del regime stesso, è un errore metodologico estremamente grave.

Sulla base di questo assioma, i regimi di trattamento per i ceppi mdr, che sono quelli che falliscono ai regimi terapeutici standard, devono essere basati su farmaci completamente diversi da quelli di prima linea, che vengono definiti di seconda linea, con regimi completamente diversi da quelli di prima linea. Parliamo adesso specificatamente dei farmaci e rapidamente delle tappe importanti nello sviluppo della terapia antitubercolare. 

I sulfonamidi negli anni 40, furono i primi farmaci ad attività antimicobatterica nel modello animale, ma la streptomicina fu il primo farmaco cardine per il trattamento della tubercolosi dell'uomo; in seguito ci sono voluti almeno 5 anni per trovare un secondo farmaco che in aggiunta al primo potesse cominciare ad incrementare i livelli di cura nei pazienti trattati per tubercolosi, vi fu poi l'aggiunta nel 1952 dell'isoniazide, un farmaco molto importante per la potenza e per l'azione battericida che permette di portare il successo terapeutico dal 70% al 95%, quindi raggiungendo già dei livelli di efficacia estremamente importanti, però i tempi del trattamento erano estremamente lunghi. Successivamente vi furono l'introduzione della rifampicina, farmaco che oggi è considerato cardine, ad opera di un ricercatore italiano alla fine degli anni cinquanta; nel 1986 il regime fondamentalmente attuale con trials terapeutici che lo hanno validato e consacrato definitivamente, condotti nel subcontinente indiano; nel 1987 l'ingresso nel regime standard dell'etambutolo in sostituzione della streptomicina dopo che è stata dimostrata l'equivalenza fra questi due farmaci, farmaco dunque a somministrazione orale ben tollerato contro un farmaco a somministrazione parenterale con effetti collaterali potenzialmente importanti, quindi certamente un rimpiazzo dell'uno con l'altro.

Abbiamo un certo numero di farmaci antitubercolari, è vero che l'ultimo agente antitubercolare introdotto nell'armamentario è stato la rifampicina nel 1959, ma è vero che la pipeline produrrà nel prossimo futuro, dopo sforzi durati oltre un decennio, dei nuovi farmaci antitubercolari, tuttavia al momento attuale noi abbiamo questi farmaci antitubercolare che vengono classificati in farmaci di prima o seconda linea, in farmaci di classe prima, seconda, terza, quarta e quinta.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad Tubercolosi e Sifilide: vecchi contagi, nuove emergenze, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione del dott.: Alberto MATTEELLI

Alberto MATTEELLI
Professore Associato
Università degli studi di Brescia
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