Progettazione, Valutazione, Riflessività come metodo ed etica del lavoro sociale

Il titolo della lezione di oggi è: “Progettazione, Valutazione, Riflessività come metodo ed etica del lavoro sociale”, essa sarà accompagnata dalle tappe che vedete nella slide. Quindi, le tappe della riflessione di oggi vedranno una premessa in cui voglio richiamare l'identità del servizio sociale, le tappe successive, invece, si concentreranno sull'analisi delle caratteristiche della professionalità dell'assistente sociale nella sua professionalità riflessiva. In seguito, richiameremo i concetti legati al metodo nel servizio sociale, in considerazione del fatto che questo corso vuole approfondire il tema della progettualità, vedremo le fasi della valutazione e della progettazione nel lavoro dell'assistente sociale.

Concluderemo con un'esplorazione di quali sono i luoghi e gli ambiti in cui possa essere sostenuta per l'assistente sociale appunto, la pratica riflessiva. Partiamo quindi con un richiamo all'identità del servizio sociale. Per fare questo utilizziamo una definizione di Maria Dal Pra Ponticelli, la quale ci dice che: “il ruolo del servizio sociale è quello di porsi come promotore e accompagnatore dei processi di cambiamento a diversi livelli, quindi a livello individuale e familiare e anche a livello comunitario e istituzionale”. Maria Dal Pra Ponticelli ci ricorda dunque che il servizio sociale è “un punto di raccordo tra le problematiche, i bisogni e le risorse nei confronti appunto di diversi interlocutori, nei confronti degli individui, delle famiglie ma anche, e soprattutto, nei confronti della comunità e dello stesso sistema dei servizi”.

Quindi, possiamo dire che l'ambito di intervento del servizio sociale è quello spazio in cui si realizzano le interazioni tra le persone ed i sistemi del loro ambiente di vita; da questo ne discende che l'approccio che viene considerato caratterizzante, è quello che viene definito secondo un'ottica che è l'ottica trifocale o multidimensionale, che tiene conto appunto delle diverse prospettive che abbiamo prima richiamato. 

In che cosa consiste l'ottica trifocale o tridimensionale che più autori hanno richiamato? Consiste in un continuo rimando da una dimensione all'altra ed in una continua promozione dei diversi interlocutori nominati, quindi degli utenti, delle famiglie, dei componenti della comunità e anche dei responsabili delle strutture pubbliche e private che definiscono le linee di politica sociale. Desidero richiamare, nel momento in cui richiamiamo l'identità del servizio sociale, anche la definizione internazionale data da Social Worker, è l'ultima giornata nel 2014, che definisce il servizio sociale come “una professione basata sulla pratica e una disciplina accademica che promuove il cambiamento sociale e lo sviluppo; la coesione e l'emancipazione sociale; la liberazione delle persone. Esso è sostenuto da teorie del servizio sociale, delle scienze sociali, quindi umanistiche, ma anche dai saperi indigeni. Il servizio sociale coinvolge persone e strutture per affrontare le sfide della vita e per migliorarne il benessere”.

Possiamo dire che il servizio sociale, nelle varie forme in cui si realizza, si indirizza verso qualcosa in particolare, e cioè verso le molteplici e complesse transazioni tra i soggetti e il loro ambiente, con un obiettivo specifico che è quello di accompagnare e sostenere la realizzazione personale e lo sviluppo collettivo. Comprendiamo da una serie di affermazioni, definizioni, che abbiamo visto, quanto sia complesso il ruolo del servizio sociale e il fatto che “l'identità del servizio sociale, trae la propria forza”, utilizzando una definizione di Lorenz, “da questo legame che si instaura tra i soggetti e l'ambiente, e si caratterizza, proprio per la complessità di questa interazione e per l'unicità di queste interazioni, come una pratica riflessiva che mira a creare le condizioni per una cittadinanza sociale”.

Vediamo insieme il secondo step della nostra riflessione che vuole entrare nello specifico

della professionalità riflessiva, cercando di identificarne le coordinate. Parliamo di pratica riflessiva pensando ad una prospettiva teorica che sottolinea l'esigenza, da parte dei professionisti, di evitare delle risposte standardizzate e routinarie, alle situazioni che affrontano. Diversi sono stati gli autori che hanno richiamato questa specificità delle professioni di aiuto, ed in particolare della professione di assistente sociale sulla quale stiamo noi ora facendo una riflessione. “Riflessività”, qual è l'etimologia di questa parola? Dal latino: “reflectere”, quindi volgersi indietro, ripiegarsi su se stesso, intendendo con questo che è un processo cognitivo, attraverso il quale, la persona ripercorre con la mente ciò che ha pensato, ciò che ha detto, ciò che ha fatto e attraverso questo pensiero riflessivo, modifica la propria azione. Lavorare in maniera riflessiva significa fare i conti con la complessità, con la mutevolezza, con l'incertezza, caratteristiche queste, proprie del lavoro con le persone. 

Sappiamo che l'assistente sociale nell'esercizio del suo lavoro, entra in contatto con situazioni complesse, con situazione caotiche, con situazioni confuse, fluttuanti, che possono anche essere percepite in modo diverso dai diversi soggetti che sono coinvolti, come altre professioni, non si occupa quindi di situazioni già ben definite, per le quali, siano già tracciati i percorsi per un miglioramento o per una trasformazione della situazione; quindi, la pratica riflessiva muove da una premessa, e cioè: i problemi umani non si prestano ad essere risolti con il solo Impiego di soluzioni tecniche. “La riflessività è una visione che consente ai professionisti di pensarsi, non più come dei risolutori di problemi strumentali, ma come dai soggetti creativi”.

Uno degli autori principali di riferimento e che il servizio sociale conosce rispetto a questo approccio riflessivo è Donald Schon, il quale, nella sua attività di ricercatore si è interessato all’apprendimento individuale ed all’apprendimento collettivo, soprattutto nel campo della pratica professionale, e le sue sollecitazioni sono state sollecitazioni che ci permettono di offrire agli assistenti sociali delle indicazioni, anche operative, molto importanti per il processo di apprendimento durante l'esercizio della pratica professionale. Possiamo dire che la pratica riflessiva è un processo attivo di costruzione, di soluzioni, e non è un processo passivo in cui basti applicare procedure o delle linee guida che siano prestabilite.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad Servizio Sociale: progetto, progettazione e valutazione, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione della dott.ssa: Francesca Merlini

Francesca Merlini
Formatrice, Supervisore, Docente
Università Cattolica Sacro Cuore, Brescia
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